Christopher Butler, abate inglese e padre conciliare, divenuto poi vescovo ausiliare di Westminster, scriveva negli anni ’70 che nel Vangelo di Matteo (28,19ss.) fare nuovi discepoli è menzionato prima dell’insegnamento dei comandamenti. La proclamazione del Vangelo (kerigma) viene prima dell’istruzione (didake). Pertanto, concludeva, facendosi eco di molti altri Padri conciliari, che «se l’opera evangelizzatrice non viene prima di ogni altra cosa, non c’è nessuno da istruire, nessuno con una fede da proteggere». In altre parole, l’evangelizzazione (quindi la pastorale) viene prima della dottrina (e della fede). Si può separare, in realtà, l’annuncio della fede dai contenuti della fede? Come è possibile fare discepoli (matheteusate) senza battezzare e perciò senza insegnare? Eppure su questo disguido si basa la svolta pastorale del Vaticano II.

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