Dall' "umanesimo integrale" all' "ecologia integrale"
di Guido Vignelli – Anno XIV. 2-2019 – sez. Philosophica – p. 111-143
«Il personalismo si presenta come il “dogma della modernità”», scrive l’A. Nato in ambito della rivoluzione copernicana della conoscenza, cioè del primato del soggetto sull’oggetto, il Personalismo considera l’uomo sempre come persona, cioè come essere spirituale, dove spiritualità è spesso sinonimo di autocoscienza e autocreazione, come vuole Mounier. Si presuppone anche il pensiero kantiano secondo cui l’uomo è sempre fine e mai mezzo. Questo valore assoluto rende la persona superiore alla verità, al bene, al diritto e all’autorità. La persona si compie nella relazione con l’altro e con Dio. Il vero fine profetico a cui mira il Personalismo è dare vita a una comunità di persone, subordinando però il tutto alla parte, ma anche la parte al tutto. Di qui la sua debolezza.
Nel disperato tentativo di nascondere il sostanziale fallimento del plurisecolare idolo noto come modernità, la recente propaganda culturale propone al pubblico il nuovo idolo post-moderno. Tuttavia, esso risulta essere ambivalente, perché agli ambienti radicali viene presentato come ecologismo, quindi cosmocentrico, mentre a quelli moderati viene presentato come “nuovo Umanesimo”, quindi antropocentrico; ai cattolici, poi, questo “nuovo Umanesimo” viene proposto come se riprendesse una corrente filosofico-politica d’ispirazione cristiana nota come personalismo.
La fase della svolta
Tra gli anni ’20 e ’30 del XX secolo, in Europa sembravano vincenti quei movimenti totalitari di matrice collettivistica (comunismo, fascismo, nazismo) che asservivano gl’individui a supposte esigenze sociali assicurate da apparati partitici o statali di tipo totalitario. Per contrastarli, una fazione del mondo cristiano impegnato in politica credette di aver trovato l’antidoto a quest’aberrazione affermando i supremi diritti dell’individuo rispetto a quelli della società.
Tuttavia, l’espressione “diritti dell’individuo” faceva pensare alle pretese egoistiche proclamate e imposte dal “sistema capitalistico borghese”, che era avversato dalle élites cattoliche dell’epoca, impegnate a risollevare la condizioni sociali delle classi deboli.
Allora alcuni pensarono di ricorrere al pomposo termine di persona, anche perché l’uso di una parola dal valore teologico come questa facilitava la sua accettazione negli ambienti cattolici più rigorosi. Pertanto, i “diritti della persona” furono opposti sia a quelli dell’individuo che a quelli della società: il personalismo fu opposto sia all’individualismo liberale che al collettivismo socialista.
Purtroppo, questa terminologia di origine teologica è stata usata in un contesto ideologico e politico che andava diffondendosi proprio in quegli anni. Forse non è esagerato individuare storicamente una “setta personalista”, che si è appoggiata ideologicamente alla “filosofia del dialogo” e politicamente al movimento democristiano internazionale.
Apparentemente, essere personalista significa solo affermare una serie di primati: quello della persona sulla famiglia, quello della famiglia sulla società civile e quello della società civile sullo Stato. Ma il personalismo si presenta come il “dogma della modernità”, il presupposto dell’umanesimo filosofico e politico occidentale, perché pretende che solo su questa base sia possibile salvaguardare le libertà, i diritti umani e la Democrazia.
Inoltre, secondo uno dei suoi teorici (Etienne Borne), il personalismo mirava anche a «dissociare lo spirituale dal reazionario», ossia a promuovere una risposta al socialismo che però “superasse” le posizioni contro-rivoluzionarie ottocentesche e facesse sì che la gioventù più generosa si mobilitasse per le iniziative progressiste.
Il personalismo fu preparato dalla “filosofia spiritualista” e dalla “filosofia del dialogo”, rappresentate da autori come Scheler, Renouvier, Lavelle, Le Senne, Landsberg, Ebner, Buber, Berdjaev, De Rougemont, e accompagnato da noti reduci dal modernismo, come padre Laberthonnière, Blondel, Sangnier, padre Murri. Fra i teorici cattolici impegnati nel personalismo, a partire dagli anni 1930, i più noti dei quali furono Maritain, Mounier, Hocking, Nédoncelle, Lacroix, Guitton, più gl’italiani Guardini, Lazzati, La Pira, Dossetti, Vito, Stefanini, Prini, Rigobello.