L’anticristo. Aspetti biblici e sistematici

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di Don Manfred HaukeAnno XIII. 1-2018 – sez. Commentaria – p. 169-179

Il tema dell’Anticristo, a cui si dedica il libretto di Reinhard Raffalt tradotto dal dott. Andrea Sandri, non è molto “gettonato” nella teologia e catechesi contemporaneo. Perciò ci vuole almeno qualche cenno ai dati biblici e sistematici. Siccome già gli aspetti biblici poco noti, darò più spazio al fondamento scritturistico.

La parola greca antíchristos si trova per la prima volta nelle lettere di Giovanni. La preposizione antí indica un contrasto, ma nel contesto concreto anche una sostituzione: “al posto di”. L’anticristo significa quindi una figura che si mette al posto di Cristo come suo nemico.

1. La testimonianza giovannea

La parola “anticristo” compare nella Bibbia soltanto nella Prima e Seconda Lettera di Giovanni. Al centro della teologia giovannea si trova la fede nel Verbo divino fattosi “carne” (Gv 1,14). Egli è il “vero Dio e la vita eterna” (1Gv 5,20). L’anticristo nega l’Incarnazione, come risulta dai brani giovannei:

«Figlioli, è giunta l’ultima ora. Come avete sentito dire che l’anticristo deve venire, di fatto molti anticristi sono già venuti. Da questo conosciamo che è l’ultima ora. Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; sono usciti perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri. Ora voi avete ricevuto l’unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza. Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità.Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio» (1Gv 2,18-22).

«Carissimi, non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo» (1Gv 4,1-3).

«Sono apparsi infatti nel mondo molti seduttori, che non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l’anticristo!» (2 Gv 7).

Giovanni parla dell’anticristo che verrà, ma anche dello “spirito dell’anticristo” già presente nel mondo. Esso si manifesta nei tanti “anticristi” e falsi profeti la cui seduzione ha fatto cadere molti cristiani. Lo spirito dell’anticristo rifiuta Padre e Figlio (quindi la vera fede in Dio) e contemporaneamente il mistero dell’Incarnazione.

L’apostolo si riferisce alla tradizione precedente: «Avete sentito dire che l’anticristo deve venire» (1Gv 2,18). L’apparizione finale di un “anticristo” faceva quindi parte della catechesi cristiana fin dall’inizio. Si noti il particolare filologico che il sostantivo “anticristo”, nel testo originale greco, è usato senza articolo. Quindi non si tratta di un termine generico universale, bensì di un nome proprio. Giovanni parla anche di molti “anticristi”, ma quest’estensione del nome proprio a molte persone non va intesa in contrasto con l’attesa dell’anticristo in futuro. L’ultimo grande oppositore del Signore deve ancora venire.

Diversi Padri della Chiesa, tra cui Ireneo e Girolamo[1], trovano un riferimento all’anticristo già nelle parole di Cristo stesso nel vangelo di Giovanni: «Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste» (Gv 5,43).

San Cirillo di Gerusalemme osserva: «Gli ebrei … rifiutano colui che è apparso; essi aspettano colui che verrà per la loro sventura. Essi rifiutarono il vero Cristo, ma essi, ingannati, accolgono l’inganno»[2].

1.1. L’Apocalisse di Giovanni

Nell’Apocalisse di Giovanni (insieme alla Seconda lettera ai Tessalonicesi) si trovano i testi più significativi per il pensiero sull’anticristo. Si tratta comunque dei testi più difficili. Per capire il linguaggio apocalittico del veggente, bisogna tenere conto soprattutto di tre punti:

  1. L’Apocalisse si rivolge ai cristiani perseguitati alla fine del I secolo, durante il regno dell’imperatore romano Domiziano[3]. Nei testi troviamo degli accenni a questa situazione storica; alcune allusioni non sono comprensibili per epoche seguenti oppure possono essere esplorate soltanto ipoteticamente.
  2. Il linguaggio del veggente non va confuso con un protocollo storico, ma offre molte affermazioni in una veste simbolica. Il linguaggio simbolico accoglie qui vari elementi già presenti nei testi apocalittici dell’AT, soprattutto nel libro di Daniele. L’“Apocalisse” esprime la rivelazione degli eventi escatologici in un linguaggio visionario.
  3. Con immagini visionarie, che si rapportano alla situazione storica di allora, Giovanni narra degli eventi tipici di tutti gli “ultimi tempi” (in cui viviamo), ma che troveranno un culmine finale immediatamente prima della Parusia.​

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