Un Sinodo che viene da molto lontano

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di Padre Serafino M. Lanzetta, – Anno XVIII. 1-2023 – sez. Editoriale – p. 5-14

Non era mai successo che un Sinodo discutesse del Sinodo, cioè di se stesso. Cosa che succede ora, con un lungo Sinodo ancora in corso, iniziato nel 2021 e che dovrebbe concludersi nel 2024 con due assemblee romane. Si riflette sulla “sinodalità” che è un processo, un programma d’azione e un farsi della Chiesa in cammino, passando da una Chiesa statica, gerarchica e piramidale, a una in movimento, che si edifica strada facendo, ma a partire dalla base e invertendo l’ordine: chi sta in alto deve stare in basso e chi in basso in alto. Lo diceva papa Francesco nel suo Discorso in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi (17 ottobre 2015): «In questa Chiesa, come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base»1. La giustificazione teologica si darebbe nel sensus fidei di tutti i fedeli2. Siccome tutti i fedeli credono con immediatezza nelle verità di fede, queste, e la dottrina come tale, dovrebbero avere in loro i primi referenti, cioè coloro che con il dialogo e la discussione sinodali, inviando a Roma questionari ben compilati, si premurano di fornire alla gerarchia i loro desiderata, così che questa cammini al passo con i tempi. Tempi del mondo più che di Dio.

In realtà, si dimentica che il sensus fidei è adesione alla fede della Chiesa e non un’indagine Doxa, e che la Chiesa con la Rivelazione di Dio precede l’atto soggettivo della fede dei credenti. Se la fede non è custodita nella sua verità soprattutto da colui che conferma nella fede i suoi fratelli, non potrà neppure essere creduta senza errori. L’infallibilità in credendo precede quella in docendo, ma credere è un atto soggettivo del credente in una verità oggettiva, mai un adattamento della verità oggettiva (fides quæ) all’atto credente soggettivo (fides qua).

Il nuovo Sinodo dei vescovi, o meglio la nuova sinodalità che è un “principio”3, è espressione, a giudizio di Francesco, della collegialità episcopale; una collegialità che il Papa argentino qualifica come “affettiva”, la quale in alcune circostanze può diventare anche “effettiva”4. Ma solo a livello teoretico, dovremmo aggiungere; perché difatti il potere sinodale, da Francesco a noi, è sempre nelle mani di un piccolo gruppo organizzatore. Questa sinodalità sui generis a sua volta è eco del “principio” o della “legge della conciliarità”5. La Chiesa governata dalla conciliarità diventa in questo modo essenzialmente sinodale. La sinodalità costituirebbe l’approdo ultimo della conciliarità e soprattutto un grande legame simbolico tra Francesco e il Vaticano II. Ciò è ben riassunto nell’Instrumentum laboris, pubblicato il 20 giugno 20236, che fungerà da guida per i partecipanti al Sinodo sulla sinodalità nella prima fase di ottobre 2023. Al n. B 3.5 di questo documento ci si chiede: «Come potenziare l’istituzione del Sinodo perché sia espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale?». Non si darebbe la Chiesa senza il Sinodo, esprimente quest’ultimo il suo essere sempre transeunte, la non fissità dei principi, la mobilità della vita e della pastorale. In parole povere: il Sinodo deve rifare la Chiesa, a partire da quello che la gente pensa, selezionando accuratamente quei pensieri che appaiono il più sinodale possibile, cioè quelli più controversi che si pongono come antitesi di una tesi fissista, per poi negarla nel confronto, provando a fare unità con una sintesi finale. La sintesi comunque rimane il Sinodo. Una sorta di Geist che si effonde nella dialettica. Probabilmente il documento finale romano, come già successo, non sarà che una leggera correzione di una bozza esistente già prima che cominciasse il Sinodo.

Questo è quanto già emergeva dall’ultima fase continentale del Sinodo sul Sinodo. Infatti con il documento di lavoro per questa tappa, dal titolo Allarga lo spazio della tua tenda (Is 54,2), pubblicato nell’ottobre del 20227, si indica chiaramente che si vuol procedere a creare una Chiesa raffigurata da una “tenda allargata”, immagine che bene esprime le intenzioni di un cambiamento radicale da una vecchia Chiesa istituzionale a una Chiesa dove ogni differenza (di genere, di vocazioni, di ruoli) sia superata da una radicale inclusività. Nessuno dovrà rimanere fuori. Il peccato è ormai giustificato e accolto e la conversione a Cristo, quale vita nuova nello Spirito Santo donata a tutti gli uomini di buona volontà, è un residuo di un passato pre-sinodale e di una Chiesa dei perfetti. Sembrano davvero prove tecniche di ristrutturazione radicale, dove però il primo ad essere cacciato è proprio lo Spirito Santo.

Eppure è proprio sullo Spirito Santo che si prova ad impostare tutto il discorso sinodale. La libertà di porre qualsiasi domanda, ma soprattutto di aprire a nuovi percorsi e condurre in una direzione nuova, inaspettata, è da attribuire a una rinnovata comprensione del ruolo dello Spirito Santo. Questo è quanto scrive il gesuita Jos Moons sull’ultimo numero di La Civiltà Cattolica 8. Non solo si deve dire che lo Spirito Santo dipende da Cristo, ma anche che Cristo dipende dallo Spirito Santo, come si evince dal Vangelo di Luca, di cui però il padre gesuita non offre neppure un riferimento. Forse si vuol parlare principalmente di Gesù guidato dallo Spirito Santo, quando da questi è sospinto nel deserto dopo l’epifania del Giordano per essere tentato dal diavolo (cf Lc 4,1-2). Bisogna però premettere che Gesù era pieno di Spirito Santo perché unto ufficialmente Messia al Giordano. Perciò è anche “guidato” dallo Spirito Santo nel deserto. Non certo però per subordinare il suo insegnamento al soffio inatteso e imprevedibile del Paraclito. Al diavolo il Signore risponde con molta chiarezza e senza pensare di iniziare una discussione più approfondita. Il divin Paraclito è sempre testimone di Cristo e procede dal Padre e dal Figlio. Sembra che questa nuova teologia dello Spirito Santo provi a separare e a invertire in modo surrettizio le divine processioni in Dio. Come potrebbero il Padre e il Figlio procedere dallo Spirito Santo? Così l’amore e la libertà procedono sempre dalla verità e dall’intelligenza.

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