Rivoluzione, ateismo e dissoluzione dell’etica nel marxismo

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di Umberto GaleazziAnno XIII. 2-2018 – sez. Philosophica – p. 295-318

1. Ateismo prometeico e rivoluzione

Per intendere il pensiero di Marx conviene seguirne l’evoluzione a partire dai primi scritti, onde individuare i motivi di fondo che comandano gli sviluppi successivi.

Nella sua tesi di laurea troviamo l’esaltazione della figura mitica di Prometeo, considerato il più grande santo e martire del calendario filosofico, proprio perché nella mitologia greca questi strappa il fuoco agli dèi in favore degli uomini, opponendosi a Zeus, re degli dèi, che lo punisce duramente e implacabilmente. Così la divinità zeusica (di Zeus, o Giove presso i Romani) è considerata dal giovane Marx – appartenente alla “sinistra hegeliana” – come l’emblema della divinità, identificata con una potenza tirannica e repressiva. Sicché egli parteggia per Prometeo contro Giove, prefigurando un uomo senza Dio, come liberazione dell’uomo stesso. Ciò implicava il sovvertimento dell’ordine ontologico e quindi dell’antropologia creaturale, in quanto visione corretta e realistica della condizione umana, sovvertimento per cui la creatura vuole farsi “assoluto”, mettersi al posto di Dio. Ma ciò, al contrario delle pretese, è esiziale per la creatura stessa.

Infatti, quando san Tommaso d’Aquino si occupa del primo e originario peccato e, dunque, della radice del disordine morale ed esistenziale, spiega che esso è consistito (e consiste) nella pretesa dell’uomo, ingannato dalla menzogna luciferina («non morirete affatto! […] E diventerete come Dio»: Gn 3,4-5), di farsi arbitro del bene e del male sulla base delle sue capacità, «disprezzando l’ordine del disegno divino» (1).

Già qui cominciano a manifestarsi chiaramente le origini hegeliane dell’ateismo prometeico del giovane Marx (2), che implica la pretesa dell’uomo di farsi assoluto.

Ora, questa pretesa da un lato conduce, come vedremo, all’ateismo radicale, o positivo, e alla rivoluzione (temi per i quali teniamo conto della ricerca di Augusto Del Noce (3) ), ma, d’altra parte, si basa sul presupposto dell’organicismo hegeliano, partecipando del suo carattere postulatorio. Vedremo che Hegel stesso parla di un presupposto, come punto di partenza del suo sistema. È sorprendente che la posizione idealistica, esito coerente del razionalismo moderno, il quale esige che tutto sia rischiarato dai lumi della ragione, abbia alla sua radice un presupposto senza fondamento razionale.

Con “carattere postulatorio dell’ateismo” si intende che esso è frutto di una scelta previa, precedente ogni ricerca. Si tratta, dunque, di una «postulazione arbitraria» (4), che nasce dalla pretesa dell’uomo di non essere finito, perché crede di essere l’assoluto o in grado di farsi assoluto nel futuro. Come ha ben visto S. Kierkegaard, in questa pretesa si esprime la malattia mortale, che è la vera alienazione, in quanto disperazione dell’uomo che non vuole essere se stesso, quell’io che egli è, per essere quell’io che egli stesso ha escogitato, un io che si immagina assoluto, autosufficiente e che, contro la realtà del suo essere, «vuole separare il suo io dalla potenza che l’ha posto»5: è il rifiuto della condizione creaturale e, quindi, della dipendenza dal Creatore. J.-P. Sartre ha avuto l’onestà intellettuale di ammettere l’esito fallimentare della pretesa impossibile (una “passione inutile”) dell’uomo di essere o farsi assoluto, riconoscendo che l’uomo «non si è creato da solo» (6).

Il marxismo si presenta come la forma più radicale di ateismo, in quanto non si sofferma principalmente sulla negazione, di fronte alla quale sussiste pur sempre l’affermazione, ma vuole essere ateismo positivo, «deciso superamento positivo della religione » (7), impegnato per la «sostituzione della politica alla religione nella liberazione dal male» (8), con una «trasformazione totale della realtà, come deificazione dell’uomo» (9). Ma l’assoluto è uno solo, se l’uomo fosse Dio non sarebbe possibile un altro Dio, non ci sarebbe posto per il vero Dio. Ecco l’ateismo positivo. Però in seguito alla teoria e alla prassi marxiste il male è tutt’altro che vinto, evidenziando che il finito non può diventare l’Infinito, surrogando Dio trascendente.

Il carattere postulatorio è proprio dell’ateismo di Marx, in quanto sostiene la «generazione dell’uomo mediante il lavoro umano», per cui ritiene «praticamente improponibile il problema […] di un essere superiore»10. È come dire: giacché voglio che l’uomo si crei nel futuro (si tratta, insieme, di una pretesa e di una profezia che richiedono un’adesione fideistica) come uomo perfetto, attraverso il lavoro e la prassi politica rivoluzionaria, dando vita a una società perfetta, rifiuto di porre il problema del Creato

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