Metafisica secondo la scuola francescana

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di Padre Alessandro M. Apollonio, – Anno XVIII. 1-2023 – sez. Philosophica – p. 101-134

Che cos’è la metafisica? In che modo porta avanti le sue indagini? Quale l’oggetto del suo campo di applicazione? Quali i suoi principi e le sue caratteristiche? L’Autore si propone di rispondere a questi interrogativi riportando prima il pensiero di Aristotele e dei tomisti, concludendo poi le sue asserzioni secondo il pensiero della scuola francescana, e in particolare del beato Giovanni Duns Scoto. Alla luce di quanto dimostrato, l’Autore propone un’interessante, semplice e brillante confutazione del tanto esaltato “cogito ergo sum” cartesiano, che si rivela, invece, un pensiero privo di fondamento, perché viene meno a principi classici e inconfutabili della filosofia, come il famoso “operari sequitur esse”.

 

1. INTRODUZIONE1

Il primo trattato di filosofia è la logica. Subito dopo viene la metafisica o ontologia2, sebbene gli autori, comunemente, la pongano per ultima. Lo fanno perché, dal punto di vista genetico, la metafisica viene per ultima; il primum cognitum, infatti, è la “specie specialissima”, confusamente appresa, e per ultimo è appreso distintamente l’essere, perché la conoscenza distinta segue la conoscenza confusa nel processo cognitivo. La metafisica, dunque, avendo per oggetto l’essere, dovrebbe venire per ultima.

Tuttavia Duns Scoto, il Dottor Sottile, dice che nella ricerca della verità tanta è l’affinità tra la logica e la metafisica che la metafisica si veste del modo della logica, perché entrambe le scienze sono rivolte, realmente, allo stesso oggetto, ovvero l’essere. Molte cose, infatti, i logici assaporano solo superficialmente, e non estinguerebbero la sete di sapere nei rivoli della sussistenza, dell’esistenza, dell’inerenza, della verità e delle categorie, se la metafisica non aprisse le loro fonti affinché ne bevano saziandosi pienamente.

Lo stile sarà molto breve perché, come dice Seneca ne I benefici: «Di solito, giova maggiormente se mantieni a portata di mano pochi precetti di sapienza, che se ne apprendessi molti, ma senza averli a pronta disposizione». Orazio lo dice in versi: «Tutto quello che insegni, sia breve, affinché gli animi docili subito capiscano le cose dette, e gli animi fedeli le conservino».

Esordio della scienza metafisica. Aristotele è stato il primo autore della metafisica, sebbene non fosse stato lui ad imporre il nome di “metafisica”, bensì i suoi discepoli (in particolare Andronico di Rodi). Tra gli antichi filosofi, fu il principale ad elevare la sua mente alle cose spirituali, cominciando a contemplare le cose materiali astratte da ogni materia. Il suo scopo primario fu di dare a tutte le altre scienze dei principi comuni, nei quali risolvere, in ultima istanza, la loro evidenza e certezza e, così, stabilire la prima verità che diventasse norma e regola di tutti gli altri principi. Con questo fine, ha pubblicato 14 libri sulla metafisica i quali – sebbene per la negligenza di uomini inesperti, dai quali, dopo la morte di Aristotele e Teofrasto, o sono stati nascosti in una cassa, o sepolti nella terra, e per l’inettitudine o eccessiva libertà dei correttori furono molto rovinati – conservano ancora sufficientemente l’ingegno, lo stile, il metodo, la dottrina di Aristotele e comprovano il suo pensiero genuino.

«La metafisica è stata scoperta, una volta acquisite tutte le cose necessarie alla vita terrena [necessariis existentibus], per liberarsi dall’ignoranza, la qual cosa è evidente, in quanto la sollecitudine per le cose necessarie alla vita terrena ci ostacola nella ricerca di questa dottrina»3.

La metafisica in quanto sapienza. La parola “sapienza” è tanto augusta e veneranda, quanto estesa: abbraccia, infatti, una certa eccellentissima conoscenza divina, angelica e umana. Divina: perché Dio stesso è detto Sapienza per antonomasia, molto spesso, dalla Scrittura. Angelica: poiché gli angeli sono insigniti di ogni genere di scienze, soprattutto le più alte, sono detti “veri sapienti” dai Padri. Umana: coloro che superano gli altri per acutezza di mente e ogni abilità spirituale, solitamente sono detti sapienti. Perciò, nel modo in cui dalla fortissima luce del sole emanano i raggi, per mezzo dei quali i corpi lucidi sono circonfusi di luce, e tali raggi riflettuti dai corpi generano lo splendore e, in senso contrario, le ombre, così, dalla perspicacia intellettiva ingenita degli uomini, hanno origine i raggi della sapienza che, illuminando direttamente le cose, generano la scienza, quasi luce dell’intelletto, e, riflessi sui concetti umani, generano la prudenza, quasi splendore della mente e dell’anima; in senso contrario – applicati alle cose materiali –, generano le arti, come ombre dell’anima razionale, in quanto ordinate a promuovere, generalmente, la sola vita corporea. Perciò, quelli che primeggiano nelle arti, nella prudenza, nelle scienze, di solito sono detti sapienti, perché gli si attribuiscono dei raggi di sapienza. Anche per queste ragioni i filosofi sono soliti chiamare “sapienza” la metafisica.

Per non fare retorica più che filosofia, è bene conoscere i titoli altisonanti dati dagli autori alla metafisica, senza soffermarsi su di essi: “Regina delle scienze”, “preminente su tutte le parti della filosofia”, “teologia naturale e scienza universale”. Dobbiamo, invece, porre due questioni:

1) la metafisica è scienza speculativa?
2) qual è il suo oggetto?

 

1.1. La metafisica è scienza speculativa

Lo dice Aristotele in diverse occasioni, specialmente nella sua Metafisica: «C’è una scienza che considera speculativamente l’ente e tutto ciò che è in esso, per sé»4 e questa scienza è la metafisica.

Prova 1. Duns Scoto prova la prima parte di questa definizione aristotelica nel suo Commento alla Metafisica, nel luogo citato: «L’ente in quanto ente, e le passioni dell’ente, in quanto tali, non sono per sé noti, ma nemmeno è impossibile conoscerli». Dunque, possono essere conosciuti da una scienza, e questa è la metafisica.

Inoltre, alla definizione di scienza basta che essa abbia un oggetto nel quale ci siano i principi e le sue proprietà dimostrabili. Così è la metafisica: riguarda l’ente, che ha i suoi principi per mezzo dei quali può essere adeguatamente conosciuto, e ha delle proprietà dimostrabili.

Circa la seconda parte della definizione, aggiunge Aristotele: «La scienza che riguarda i primi principi e le cause, è speculativa»5. Duns Scoto commenta che la scienza tramite la quale vogliamo conoscere solo per conoscere è speculativa e non pratica, e così è la metafisica. Prova della minore. La scienza tramite la quale vogliamo conoscere per conoscere è quella che ricerchiamo solo per fuggire l’ignoranza. Ma così è la metafisica. Aristotele dice che la metafisica non è scienza pratica ma speculativa perché, come le altre scienze speculative, fu generata dall’ammirazione. Scoto dice che chi ammira una cosa, ne ignora le cause; perciò la metafisica generata dall’ammirazione ha lo scopo di vincere l’ignoranza delle cause delle cose.

Prova 2. Nel libro VI de La metafisica, Aristotele enumera le scienze speculative della filosofia: matematica, fisica, metafisica – che chiama teologia, perché tratta dell’ente più perfetto6.

La teologia, perciò, è duplice, una razionale e naturale, l’altra soprannaturale e di fede. Dio è conosciuto per mezzo di entrambe. I teologi conoscono Dio tramite la Rivelazione e la fede, i filosofi tramite la natura e la ragione.

La metafisica, dunque, è scienza speculativa perché le sue verità, da sole, non sono per sé sufficienti e nemmeno necessarie alla salvezza; ma poiché la metafisica è ordinata alla teologia soprannaturale – che è scienza pratica e alla quale la metafisica fornisce l’oggetto proprio, ossia l’ente infinito –, la metafisica è, perlomeno indirettamente, scienza pratica: la metafisica, che è per sé e direttamente scienza speculativa, è indirettamente scienza pratica perché è ordinata alla teologia soprannaturale, che è scienza pratica, come dimostra la parte V del Prologo dell’Ordinatio.

Prova 3. “Non sono sufficienti…”: l’amore filosofico all’ente infinito non è sufficiente alla salvezza. “Non sono necessarie”: se un fedele semplice ha il concetto Dio come “l’Essere supremo, Creatore, Redentore, ecc.”, anche se non avesse formalmente il concetto di “ente infinito”, al quale giunge la metafisica, si salverebbe ugualmente. Ma non si salva se non crede, almeno implicitamente, che Dio è Uno e Trino e ha salvato l’umanità per mezzo del suo Figlio.

Riguarda le cose universalissime: riguarda l’ente, le sue passioni, i principi generali ai quali sono ricondotti i principi delle altre scienze. Perciò si dice che la metafisica conosca, in qualche modo, ogni cosa. Chi conosce l’universale, dice Scoto, conosce in qualche modo tutto ciò che è contenuto al di sotto dello stesso universale, ma solo secondo le nozioni proprie comuni, espresse nello stesso universale. Infatti, chi conosce cosa sia l’uomo conosce parimenti tutti gli uomini, ma non secondo la loro nozione individuale, bensì specifica.

Riguarda cose difficilissime. Perché riguarda gli universali che sono più lontani dalle cose sensibili e, perciò, più difficilmente sono giudicati dall’intelletto. Tutti conoscono le cose facili e aperte ai sensi, dice Aristotele, solo il sapiente scruta le cose più difficili e nascoste.

È scienza certissima. Come dice Scoto7 con Aristotele: quanto più una scienza precede le altre, tanto più è certa; ma la scienza che riguarda le cose più universali, come è la metafisica, è naturalmente anteriore rispetto alle altre scienze; dunque, ecc. La minore è evidente, perché la scienza riguarda gli universali (de singularibus non fit scientia), dunque, la scienza degli oggetti più universali sarà per sé anteriore rispetto alla scienza di cose meno universali. La maggiore, dice Scoto, è evidente perché, quanto più la scienza è anteriore, tanto più accede ai primi principi, dai quali riceve una maggiore certezza. Infatti, le conclusioni che derivano immediatamente dai primi principi sono molto più certe delle altre che possono essere dedotte solo remotamente da quegli stessi principi.

Inoltre, quanto più la scienza è anteriore, tanto minore è la sua comprensione logica; il soggetto della scienza inferiore, infatti, sempre aggiunge qualcosa al soggetto superiore; d’altra parte, quante meno cose si debbono conoscere, tanto meno accade di errare circa poche cose, che circa molte. La metafisica, dunque, avendo l’oggetto più universale e, di conseguenza, più semplice, è la scienza più certa di tutte le altre.

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