Appunti sul “Mostro di Firenze” (MdF) & la Pista Esoterica - Seconda parte

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di Padre Paolo M. Siano – Anno XVII. 1-2021 – sez. Historica – p. 17-110

In questa seconda puntata sulla pista esoterica dei delitti del Mostro di Firenze, l’Autore illustra altri due libri del poliziotto Michele Giuttari, integrandoli con testimonianze ricevute direttamente da un importante inquirente, l’allora Pubblico Ministero di Perugia, Giuliano Mignini. L’asse investigativo Firenze-Perugia alza il tiro delle indagini cercando i possibili mandanti dei delitti fiorentini ed è proprio allora che Giuttari e Mignini incontrano ostacoli incredibili.

7. GIUTTARI-G.I.DE.S.-MIGNINI: TRA “PISTA ESOTERICA”, OSTACOLI, DEPISTAGGI…

La seconda parte di questo mio studio è tutta incentrata su altri due libri del poliziotto Michele Giuttari1: “Il mostro. Anatomia di un’indagine” (BUR, 2006) e “Confesso che ho indagato. Autobiografia di un poliziotto scomodo” (RCS Libri, 2014). In modo dettagliato l’autore racconta trent’anni di indagini e di fatti relativi al caso del MdF in cui per circa una decina d’anni è stato protagonista come investigatore tenace e combattuto. Nel libro“Il mostro. Anatomia di un’indagine” Giuttari ripercorre e riesamina il periodo dei delitti (1974-1985) e descrive le sue indagini dall’inizio fino al 2005 circa. Nell’altro libro offre nuovi dettagli a integrazione dei suoi precedenti testi (1998, 2006) e giunge fino al 2014. Come vedremo, dal 2001 le indagini di Giuttari si intrecciano con quelle di un altro zelante e tenace inquirente, l’allora Pubblico Ministero (pm) di Perugia Giuliano Mignini, poi divenuto Sostituto Procuratore della Repubblica alla Corte di Appello di Perugia, ed ora in pensione2.

Colgo l’occasione per ringraziare il Dr. Mignini di aver letto la bozza anche della seconda puntata di questo mio saggio e di avervi apportato correzioni e informazioni che ritengo molto importanti.

La prima parte dell’indagine sul MdF ha portato all’incriminazione di Pacciani come il serial killer; la seconda parte dell’indagine (e qui entra in scena Giuttari) ha fatto condannare i “compagni merende”; la terza parte dell’indagine (in cui agiscono Giuttari e il pm perugino Giuliano Mignini) si è concentrata sui presunti mandanti. In questa parte del mio studio mi soffermo principalmente sulla terza parte dell’indagine.

Giuttari scrive: «La terza parte dell’indagine si è rivelata la più difficile e infida»3.

7.1. Riesaminare i delitti del MdF (1974-85) e la prima parte dell’indagine

Rilevo anzitutto gli elementi non contenuti nel precedente libro di Giuttari “Compagni di sangue” (1998).

Circa il duplice delitto del 1974 (Pettini-Gentilcore), Giuttari annota:

              • lui morto sul colpo, con arma da fuoco, lei colpita da 96 coltellate. I proiettili ritrovati erano a piombo ramato4.
              • alcuni anni dopo, la tomba della Pettini, al cimitero di Borgo San Lorenzo, verrà profanata.
              • il tralcio di vite nella vagina della vittima fa pensare a un «rito esoterico» (anche la profanazione della tomba?).
              • sul luogo del delitto sono ritrovati solo 5 bossoli, ma i colpi sparati sono 9: 5 a lui, 4 a lei.
              • dopo morto, il Gentilcore è stato colpito da varie coltellate… «dopo la sua morte»5, rileva Giuttari.

Più tardi, nel suo libro “Confesso che ho indagato” (2015), Giuttari aggiunge, circa quel duplice delitto del ‘74:

«Uno psichiatra, consultato per tracciare un identikit della personalità dell’assassino, aveva descritto il delitto come “tipicamente anglosassone”, realizzato da un soggetto con gravi turbe sessuali, come almeno facevano pensare il tralcio di vite infilato nella vagina e le numerose coltellate»6.

Circa il secondo duplice delitto (Nuccio-Foggi, rinvenuti domenica mattina 7 giugno 1981 da un poliziotto fuori servizio):

              • alla donna, asportazione della cute e dei peli pubici fino alle «grandi labbra, che in larga misura sono state risparmiate». Asportazione avvenuta «con uno strumento molto affilato e con una tecnica praticamente perfetta». Niente segni di violenza sessuale, né tracce di sperma.
              • ritrovati 5 bossoli sul terreno, ma i colpi esplosi sono 8. I proiettili erano a piombo nudo7.

Enzo Spalletti, autista della Misericordia di Montelupo Fiorentino, e guardone della zona, prima che i cadaveri fossero scoperti racconta alla moglie della morte atroce dei due fidanzati e aggiunge pure che l’assassino aveva asportato il pube alla ragazza. Spalletti venne indagato, poi arrestato. Disse che aveva letto la notizia del duplice omicidio sul giornale di domenica. Ma la notizia uscì solo lunedì. Se non era lui il colpevole, allora o aveva assistito al duplice omicidio, o aveva visto i cadaveri prima del poliziotto, oppure aveva avuto un confidenza da qualcuno che non voleva tradire. Spalletti preferì il carcere, dal quale poi uscì quando dopo alcuni mesi ci fu l’altro duplice delitto. Già si cominciava a parlare del “mostro”8.

Giuttari collega: tralcio di vite (delitto ’74) e asportazione pube (’81). Nota pure la diversità di proiettili: a piombo nudo (usati di solito nei poligoni di tiro), e rivestiti di rame9.

Circa il terzo duplice delitto (Susanna Cambi – Stefano Baldi, morti il 22 ottobre 1981):

              • sul luogo del delitto è rinvenuta una pietra levigata approssimativamente a forma di piramide tronca, in parte colorata con vernice rossa. Un oggetto incongruo per quel posto, dunque lasciato lì da qualcuno.
              • alla donna era stata tagliata un’ampia zona riguardante pube, faccia mediale delle cosce, perineo fino all’orifizio anale.
              • Sotto la mammella sinistra, a pochi centimetri dal capezzolo, una ferita da punta e taglio poco profonda, dal diametro di circa 3 cm, che lascia scoperto il tessuto sottostante.
              • In mano la vittima stringeva un ciuffo di capelli.
              • Anche l’uomo era stato accoltellato.
              • 5 proiettili a lei, 4 a lui, ma ritrovati solo 7 bossoli. I proiettili erano tutti a piombo nudo10.

Giuttari constata che purtroppo la strana pietra semipiramidale, e il ciuffo di capelli trovati in mano a Susanna Cambi (entrambi elementi verbalizzati all’epoca), sono scomparsi dalle note di deposito dei corpi di reato. Potevano essere elementi collegabili all’assassino11.

Giuttari nota che:

«proprio in occasione del delitto di Susanna e Stefano, venne ventilata per la prima volta l’ipotesi che l’assassino non avesse agito da solo. Un particolare decisamente rilevante nell’ottica della mia nuova indagine, e che forse poi, con l’unificazione delle inchieste e l’affermarsi dell’idea del“mostro”, fu malauguratamente trascurato. È il perito dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Firenze a sostenere questa ipotesi. Secondo lui la dinamica del delitto, se riferita a una sola persona, era incomprensibile. Troppe erano state le azioni. I corpi erano stati tirati fuori dall’auto e portati a una distanza di numerosi metri senza essere trascinati per terra. Il pube della ragazza era stato asportato con colpi netti e precisi, quasi da professionista, il che faceva ragionevolmente presumere che zona dell’intervento fosse stata in qualche modo illuminata, con ogni probabilità con una lampada che chi aveva eseguito l’escissione con tale perizia non avrebbe certo potuto tenere in mano»12.

Circa la pietra piramidale, Giuttari osserva (nel 2015):

«Nella lettera di deposito dei reperti diretta all’apposito ufficio dei corpi di reato non sono presenti né la pietra a forma piramidale verniciata di rosso né i capelli stretti nel pugno della ragazza, del cui esame non ho trovato alcun documento. Non riesco a spiegarmi il motivo. D’altronde, sulla pietra ho letto diverse relazioni di servizio dei carabinieri che informavano di aver scoperto, durante le loro ricerche nelle case della zona, che pietre simili, abbastanza antiche, erano utilizzate nelle ville come fermaporte»13.

Anche nel quarto duplice delitto (Mainardi-Migliorini, 1982) i proiettili sono tutti a piombo nudo. Forse la coppiavittima aveva già consumato il rapporto prima di morire. Niente escissioni, forse perché l’assassino non ne ebbe il tempo, essendo l’auto troppo vicina alla strada14.

Col delitto dell’82 arriva una novità: il maresciallo dei Carabinieri «Francesco Fiori» (o Fiore) ricorda un delitto avvenuto nel 1968 quando era in servizio a Signa: una coppia di amanti (Locci-Lo Bianco), appartati in intimità, era stata uccisa proprio con una pistola calibro 22. A quel punto il giudice istruttore Mario Rotella acquisisce il fascicolo del delitto del 1968 dove rinviene in una busta (a distanza di 12 anni dalla sentenza del 1970!) i bossoli e i proiettili15. Giuttari osserva che è un fatto strano, è «un curioso “colpo di fortuna”», in quanto le prove del reato devono essere distrutte dopo che il colpevole è condannato con sentenza definitiva. La legge vuole che i corpi di reato dopo la sentenza siano portati all’ufficio artiglieria competente per la regione e lì distrutti. Perciò Giuttari si chiede: Perché quei corpi di reato non erano stati distrutti? e perché i bossoli e i proiettili furono trovati addirittura in una busta spillata nel fascicolo, cosa che non si fa mai?16

Altre osservazioni di Giuttari:

«Non so dire bene perché, ma la stranezza di quel curioso ritrovamento mi inquieta, almeno tanto quanto la scomparsa del ciuffo di capelli in mano a Susanna Cambi. Se la scomparsa di quel ciuffo non è casuale, cosa avrebbero potuto dire quei capelli? E cosa potrebbero dirmi oggi, sottoposti all’analisi del DNA? E allora, seguendo lo stesso ragionamento, il ritrovamento di proiettili che avrebbero dovuto non esistere più non è forse altrettanto voluto? Non amo pensare a regie occulte, ma la sparizione misteriosa di oggetti e l’altrettanto misteriosa apparizione di altri oggetti non è un buon segno»17.

Giuttari osserva che la scoperta di quei proiettili indirizzerà sulla cosiddetta “pista sarda” che sarà seguita dal 1982 al 1989 e poi difesa a oltranza da chi sostiene l’innocenza di Pacciani, specialmente dal giornalista de La Nazione Mario Spezi18.

Poi il duplice delitto di Giogoli dell’83 (due uomini tedeschi), il duplice delitto di Vicchio dell’84 (Pia Rontini e Claudio Stefanacci; alla Rontini asportazione pube e mammella sinistra).

Circa il delitto di Giogoli (1983) in cui vennero uccisi due giovani tedeschi, maschi, Giuttari osserva: «Dai fori laterali, in buona parte oscurati, dalla traiettoria dei proiettili, gli inquirenti avevano stabilito che l’assassino doveva essere abbastanza alto, forse più di un metro e ottanta»19.

Dopo il delitto del 29 luglio 1984 (vittime Pia Rontini – Claudio Stefanacci), le indagini si concentrano sui soliti sardi, che dopo qualche mese vengono scarcerati dal tribunale della Libertà. Allora gli inquirenti cambiano strategia e affidano a esperti dell’Università di Modena il compito di tracciare un identikit psicologico dell’assassino e anche verificare se possono esserci stati più aggressori. L’identikit modenese parla di un solo assassino…20

Interessante anche questa nota di Giuttari sul delitto del 1984:

«Sul corpo di Pia Rontini le asportazioni del pube e della mammella erano avvenute in maniera grossolana, e non con la professionalità che era emersa dai tagli del pube nei delitti del 1981. Com’era possibile che l’assassino avesse perso la manualità nei tagli in così pochi anni? La mano che aveva operato le asportazioni era la stessa oppure no?»21.

Circa la dinamica dell’ultimo duplice delitto del 1985 (vittime: Nadine Mauriot – Jean-Michel Kraveichvili) avvenuto in località Scopeti, a pochi chilometri da San Casciano Val di Pesa, Giuttari annota (nel suo libro del 2015):

«La coppia dentro la tenda. Il taglio dalla parte più nascosta. La fuga del giovane che scappa verso il bosco. Il suo inseguimento. L’omicidio. L’occultamento del cadavere. L’assassino che ritorna alla tenda e completa il suo lavoro. E mi dico: deve essere trascorso un certo tempo, possibile che la donna sia rimasta da sola immobile all’interno della tenda? Non ha provato anche lei a fuggire? Scrollo la testa e mi dico che l’ipotesi del serial killer solitario comincia davvero a non tornarmi. Troppe azioni, troppi rischi per un solo uomo! Leggo la perizia autoptica. Anche in questo caso le escissioni, come sulla povera Rontini, erano state valutate dagli esperti come opera di una mano grossolana. Voglio vedere subito il fascicolo fotografico del sopralluogo e dell’autopsia con le immagini dei cadaveri. E mi rendo conto che non occorre essere un medico legale o comunque un esperto di medicina per capire la rozzezza di quelle escissioni. Ma quale mano
esperta! No, non c’è più quel tipo di professionalità che aveva portato gli esperti a parlare di “tre tagli netti” e di “tagli precisi” nei delitti del 1981. In questi ultimi due duplici omicidi la mano del brutale assassino è molto diversa»22.

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