Appunti sul “Mostro di Firenze” (MdF) & la Pista Esoterica - Quarta parte

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di Padre Paulo M. Siano – Anno XVII. 1-2022 – sez. Historica – p. 15-106

13. APPROFONDIMENTI SUL CASO NARDUCCI

La scorsa puntata, specialmente al punto 10, mi sono soffermato sul caso di Francesco Narducci, su cui ora offro alcuni approfondimenti. Il dr. Giuliano Mignini, magistrato perugino che ha indagato per anni sul caso Narducci, lo ritiene molto importante in relazione al caso del Mostro di Firenze. Stavolta attingo dal libro di Luca Cardinalini e Pietro Licciardi, La strana morte del dr. Narducci. Il rebus dei due cadaveri e il «mostro» di Firenze (2007) e dal libro 48-small. Il dottore di Perugia e il mostro di Firenze (2012) del giornalista Alvaro Fiorucci (caporedattore TGr RAI, già presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria e presidente dell’Associazione Stampa Umbra). Mentre Cardinalini e Licciardi condividono la linea investigativa del dr. Giuliano Mignini, Fiorucci condivide invece, non senza incertezze, le posizioni della sentenza del magistrato Paolo Micheli, giudice dell’udienza preliminare (gup), secondo cui Narducci non è stato ucciso e non ha nulla a che fare con i delitti del Mostro di Firenze. Tuttavia anche il libro di Fiorucci offre notizie interessanti.

C’è da dire che dopo il libro di Fiorucci, il 22 marzo 2013 la suddetta sentenza del dr. Micheli viene annullata, dietro ricorso del dr. Mignini, dalla Quarta Sezione della Corte di Cassazione1.

Chiedo scusa ai Lettori se riporterò anche notizie già menzionate nelle precedenti puntate. Ringrazio ancora il dr. Giuliano Mignini per aver letto anche questa puntata apportandovi precisazioni e correzioni.

13.1. La scomparsa. Un cadavere. Tante autorità. Niente autopsia

Ugo Narducci (morto nel 2017), padre di Francesco, era ginecologo, primario a Foligno, membro della Loggia “Bruno Bellucci” di Perugia, la più affollata di medici2. Il figlio, Francesco Narducci, ha sposato Francesca Spagnoli, figlia dell’industriale Gianni Spagnoli (quello delle merendine imbustate) anche lui massone come Ugo Narducci3.

Il 4 ottobre 1985 il quotidiano fiorentino La Nazione dà notizia del ritrovamento di guanti da chirurgo e tracce di sangue presso la scena del delitto dei due turisti francesi uccisi dal Mostro. In un articolo del 5 ottobre è scritto che il paio di guanti sembra voler indirizzare l’indagine verso ambienti medici… Su Il Messaggero del 5 ottobre è scritto che il paio di guanti è stato trovato a 400 metri dal luogo del delitto, insieme ad un fazzoletto con dei capelli4.

Su La Nazione di martedì 8 ottobre 1985, il magistrato Francesco Fleury afferma che gli inquirenti hanno elementi su cui lavorare. Ancora su La Nazione dell’8 ottobre 1985, nelle pagine regionali è annunciato per il giorno seguente l’inizio del Convegno medico di stomoterapia a Villa La Colombella. Il relatore più atteso è il dr. Francesco Narducci con uno studio sulla “valutazione professionale dell’ileo-ano anastomosi”. Ma il convegno resta nei fogli pieghevoli poiché Narducci scompare proprio nel pomeriggio dell’8 ottobre. Su La Nazione del 9 ottobre, è scritto che sono di sangue umano le macchie sulla garza trovata sul luogo del delitto, ma non è stato possibile stabilire il gruppo sanguigno5.

Scomparso l’8 ottobre, Francesco Narducci è ufficialmente ritrovato 5 giorni dopo, il 13 ottobre 1985 intorno alle ore 7.20 del mattino. Morto (scrive la dottoressa intervenuta sul posto): per “annegamento da probabile episodio sincopale”6.

Già poco dopo il ritrovamento del cadavere, Narducci viene collegato coi delitti del Mostro di Firenze…7

Circa la testimonianza del pescatore Enzo Ticchioni (al dr. Giuliano Mignini) sulla confidenza ricevuta dal poliziotto Emanuele Petri (1955-2003), Cardinalini-Licciardi scrivono:

«Ticchioni non può dire che l’uomo visto sulla barca fosse Narducci, perché di persona non lo ha mai conosciuto. Però, curiosamente, ne ha sentito parlare proprio il giorno prima da Emanuele Petri, il poliziotto che nel 2003 verrà ucciso dalle Brigate rosse sul treno Roma-Firenze, che vive a Tuoro, un paesino sulle rive del Trasimeno. Petri, come capitava spesso, era passato a casa di Ticchioni per acquistare del pesce fresco. Parlando del più e del meno gli aveva accennato a un inseguimento fatto al dottor Francesco Narducci, avvenuto dalle parti di Cortona. Purtroppo infruttuoso ma commentato con parole eloquenti: “Guarda che tanto lo chiappiamo”. Di quella confidenza Ticchioni cambierà versione nel tempo. Al magistrato Giuliano Mignini, all’inizio delle indagini, racconta: “Petri mi disse che stavano pedinando da tempo il medico, perché avevano trovato dei resti umani femminili dentro il frigorifero della sua abitazione di Firenze”. In sede di incidente probatorio però Ticchioni afferma di non ricordarsi più di quelle dichiarazioni, rese solo un anno prima. Nell’aula di tribunale è molto meno loquace, si giustifica con le precarie condizioni di salute, con il tumore che l’ha colpito e che l’ha costretto a subire ben sette operazioni. Gli vengono mosse delle contestazioni precise su questo cambio di scenario e di particolari. Come ad esempio il mezzo utilizzato da Narducci per sfuggire ai poliziotti: mentre in un primo tempo aveva parlato
di una moto, in aula parla di una macchina, molto potente»8.

Rispetto a quanto ho appena citato sopra dal libro di Cardinalini-Licciardi, il dr. Giuliano Mignini mi ha scritto che Ticchioni (grassetto mio):

«Non cambierà sostanzialmente versione nel tempo, ma, com’è spesso accaduto in questa vicenda, apparirà intimorito dalla cross examination che subirà nel corso di un incidente probatorio. Lo schema è sempre lo stesso: l’informato, se dimostrava coraggio e riferiva fatti rilevanti, lo faceva senza remore davanti al magistrato, ma si intimoriva di fronte all’esame delle difese».

Inoltre Mignini mi ha anche precisato che «mentre stava chiudendo il verbale» Ticchioni gli riferì quelle confidenze ricevute da Emanuele Petri su Narducci.

L’8 ottobre, il proprietario della darsena di San Feliciano, Peppino Trovati, non vedendo il Narducci ritornare, chiama suo fratello Pierluca Narducci verso le 18:45. In seguito dirà di averlo chiamato verso le 19:45. I Carabinieri di Magione vengono allertati solo verso le 23:15 insieme ai Vigili del Fuoco. All’incirca verso quell’ora Pierluca informa la cognata, Francesca Spagnoli, ossia circa 4 o 5 ore dopo la chiamata di Trovati9.

La notte stessa della scomparsa, poco dopo la mezzanotte sulla motovedetta della «polizia delle acque» col maresciallo Piero Bricca e il collega Paolo Gonnellini ci sono il dr. Alberto Speroni della Questura di Perugia, il Questore Francesco Trio, Ugo Narducci padre di Francesco, e il prof. Antonio Morelli (collega e amico di Francesco)10.

«Pur con una differenza di orario – le ventiquattro invece che le ventidue – Bricca conferma il rinvenimento dell’imbarcazione nel canneto del lato sud ovest dell’isola Polvese, vicino al castello, con le chiavi ancora inserite, il cambio in folle, sul cruscotto un paio di occhiali, un pacchetto di sigarette e un giacchetto di renna. La barca viene poi rimorchiata fino alla darsena»11.

«Ma Bricca ricorda anche qualcos’altro: “In quel tempo giravano le voci del possibile coinvolgimento di un medico nei delitti del ‘mostro’ e della sua abilità a usare il bisturi. Ricordo anche che nei giorni seguenti la scomparsa i familiari di Narducci fecero venire dei maghi e anche una donna che ospitai sulla mia motovedetta, insieme al professor Morelli, che me li presentò come sensitivi, e a un altro dottore. Usarono dei pendolini e altri accessori magici”»12.

La mattina di domenica 13 ottobre 1985 i pescatori Ugo Baiocco e Arnaldo Budelli trovano nel lago un cadavere. È un corpo grosso, pelle scurissima, tumefatto, gonfio, non sembra affatto Narducci13. Cardinalini e Licciardi scrivono:

«L’uomo senza vita è vestito con un giubbetto aperto, una camicia, una cravatta allentata sul collo, un paio di pantaloni e dei mocassini marroni. […]. Il corpo viene adagiato sul pontile di Sant’Arcangelo dove, secondo il racconto di Baiocco, resta per circa un’ora. Il giorno seguente, incontrando Ticchioni mentre escono per la pesca, Baiocco gli confessa che, pur avendo fatto il bagnino per vent’anni e avendo ripescato vari morti per annegamento, mai gli era capitato uno che stesse con le braccia alte e la pancia all’aria, di solito “avevano la bocca piena di melma ed erano tutti ricurvi, il viso rivolto verso il basso, pieni di alghe”. E soprattutto “erano bianchi, perché stare in acqua per giorni interi, fa diventare bianchi”. Anche limitandosi al vestiario di quel corpo recuperato dalle acque, salta subito agli occhi una incongruenza. Come sostengono la moglie e i colleghi che lo incontrarono il giorno della scomparsa, Francesco Narducci indossava una maglietta e non una camicia. Inoltre l’uomo seduto sulla barca che Ticchioni vede e saluta da lontano, nel tardo pomeriggio dell’8 ottobre, ha indosso un giubbetto, che verrà poi ritrovato a bordo. Se quello era davvero il corpo del medico – ma non collimerebbe né l’età, Narducci aveva 36 anni e ne dimostrava semmai di meno, né il colore dei capelli, che aveva chiari – avremmo l’indicazione che al tramonto dell’8 ottobre era ancora vivo. Sarebbe quindi scomparso senza il giubbetto, che invece il cadavere ripescato indossava»14.

Cardinalini e Licciardi proseguono:

«Se invece quell’uomo non era Narducci, vorrebbe dire che probabilmente il pescatore ha visto – sia pure di sfuggita – qualcuno che per meglio mimetizzarsi ha indossato il giubbetto della vittima, poi lasciato nella barca. Ma anche in questo caso: come faceva il cadavere del lago ad avere il giubbetto?»15.

Quella mattina al molo di Sant’Arcangelo si reca anche il comandante della stazione dei Carabinieri di Magione, il maresciallo Lorenzo Bruni. Il suo Comandante Provinciale, il capitano Di Carlo gli dice che si tratta di un semplice annegamento e che lui (Di Carlo) ha già avvisato la dr.ssa Seppoloni che sbrigherà le pratiche «in quattro e quattr’otto» dopodiché Bruni potrà andarsene in vacanza a Roma come in programma. Ma il maresciallo Bruni, giunto sul posto, vede delle stranezze. Anzitutto il fatto che lì sul molo sia giunta la Questura di Perugia. Di solito degli annegamenti se ne occupano i Carabinieri di Magione16.

«Non è la sola anomalia. Mai nel passato si erano viste così tante autorità sul posto: Bruni riconosce il giudice della Corte d’Appello dottor Arioti, il sostituto procuratore della Repubblica Federico Centrone, il procuratore Nicola Restivo, il capo del nucleo radiomobile operativo dei Carabinieri, capitano Roberto Fioravanti, il suo stesso comandante, capitano Francesco Di Carlo. E ancora: in tutti i casi precedenti la ricognizione cadaverica l’aveva eseguita il medico condotto, il dottor Alessandro Trippetti. Loro, i carabinieri della stazione locale, si limitavano a fare i rilievi fotografici realizzati dal personale fotografico del gruppo – gli appuntati Fiore o Camera – e quando non c’erano loro, dice Bruni, “prendevo il fotografo locale e lo pagavo”. Quel giorno né l’uno né l’altro»17.

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