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di P. Serafino M. Lanzetta

Una delle preghiere insegnate ai tre pastorelli dall’Angelo a Fatima nel 1916 recita così: “Mio Dio, io credo, adoro, spero e Ti amo! Chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano”. Mio Dio, io credo! Senza la fede, inizio della nostra vita soprannaturale, non c’è adorazione né speranza. Che cos’è la fede? Il Catechismo (n. 143) insegna che

«con la fede l’uomo sottomette pienamente a Dio la propria intelligenza e la propria volontà. Con tutto il suo essere l’uomo dà il proprio assenso a Dio rivelatore. La Sacra Scrittura chiama “obbedienza della fede” questa risposta dell’uomo a Dio che rivela». 

Tuttavia è necessario purificare il nostro intelletto e la nostra volontà per poter credere in Dio. Infatti, se la mia anima è governata dai sensi, da sentimenti e giudizi emotivi o da cose che allettano la carne, è difficile credere in Dio. La vera fede richiede la morte dei miei sensi e delle mie inclinazioni carnali. Questo specialmente in tempi di angoscia e di calamità sociale, come l’attuale epidemia, quando è ancora più difficile decifrare la presenza e la volontà di Dio. Sebbene la vera fede non sia mai una cieca rinuncia alla ragione e ad un prudente discernimento, essa dovrebbe essere sempre “nuda”, per usare un’espressione di San Giovanni della Croce, o “pura” come la definisce San Luigi Grignion de Montfort, cioè senza alcun attaccamento umano. La vera fede non è compromessa con il nostro desiderio di trovare sempre un Dio propizio: qualcuno che ci aiuti ogni volta che ne abbiamo bisogno, pronto poi a dimenticarlo una volta che è passato il pericolo. La vera fede è invece la ricerca incessante di Dio, anche quando gli eventi e le avversità contribuiscono a nasconderlo di più o a rendere addirittura irrazionale la sua ricerca. Può sembrare sorprendente, ma la vera fede non è altro che una continua ricerca di Dio attraverso tutto ciò che lo nasconde, lo sfigura, lo distrugge e per così dire lo annienta. Non è forse vero che solo negando ciò che Dio è nel modo comune a tutti gli esseri si arriva a conoscere ciò che Egli è in modo singolare?

Un gesuita francese, padre Jean Paul de Caussade (1675-1751), espone tutti questi requisiti necessari per credere correttamente nella sua opera intitolata Abbandono alla Provvidenza divina. Ecco un testo in cui si spiega questo principio:

«La vita di fede non è altro che una continua ricerca di Dio attraverso tutto ciò che lo nasconde, lo rappresenta male e, per così dire, lo distrugge e lo annienta. È, certamente, la riproduzione della vita di Maria, la quale dalla stalla al Calvario rimane attaccata a un Dio che ogni altro fatica a riconoscere, abbandona e perseguita. Allo stesso modo, uomini di fede passano attraverso e oltre una continua successione di veli, ombre, apparenze e morti, per così dire, in cui ciascuna cosa fa il suo meglio per rendere la volontà di Dio irriconoscibile, ma nonostante ciò, fanno e amano la volontà divina fino alla morte di Croce. Sanno che le ombre devono essere sempre abbandonate per poter seguire questo Sole divino, il quale dal suo sorgere fino al suo tramonto, quantunque nere o pesanti possano essere le nubi che lo coprono, illumina, riscalda e fa brillare con amore i cuori fedeli, i quali lo benedicono, lo lodano e lo contemplano in tutti i punti della sua orbita misteriosa».

Ciò corrisponde a ciò che San Luigi Grignion de Montfort (1673-1716), contemporaneo del p. de Caussade, definisce «fede pura» piena di contraddizioni e di ripugnanza, che il servo di Maria vive ogni giorno, lasciando alla Madre celeste, Sovrana Regina, la chiara visione di Dio. È la Vergine che con la sua fede sostiene quella senza gusti sensibili del suo devoto figlio e che supplisce in tempo di oscurità. Si tratta perciò di partecipare alla fede perfettissima della Vergine Maria. Scrive così il Padre de Montfort:

«Lascia, o povera piccola schiava, lascia alla tua Sovrana la chiara visione di Dio, i trasporti, le gioie, i piaceri, le ricchezze, e prendi per te soltanto la fede pura, piena di svogliatezze, di distrazioni, di noie, di aridità; e dille: “Amen, Così sia, a tutto quello che Tu, mia Padrona, fai in Cielo: per ora è ciò che posso fare di meglio”» (Il Segreto di Maria, n. 51).

Com’è invece la nostra fede? Siamo pronti ad abbracciare la volontà di Dio fino alla morte spirituale di croce, o siamo desiderosi di abbandonare Gesù non appena le cose prendono una brutta piega? Crediamo ancora in Dio, in questo momento difficile, o crediamo piuttosto in noi stessi, nell’onnipotente scienza e tecnologia? Non siamo forse sedotti dal solo potere del vaccino, che è diventato un quasi-dogma, da esaltare come la panacea di tutti i problemi o da rifiutare come la più sottile trama per l’intorpidimento delle coscienze? Proprio riflettendo su questa epidemia-pandemia causata dal Covid-19, possiamo certamente dire che la nostra risposta di fede, come pastori e fedeli, è stata inadeguata, troppo umana, da Ministero della Salute. L’immagine che è così impressa nella mia memoria è il fatto che nella maggior parte delle chiese l’acqua santa è scomparsa, e proprio nell’acquasantiera ora è stato allocato il flacone disinfettante a spruzzo. Non c’è un modo per spruzzare anche l’acqua santa in modo sicuro e resistente al virus come facciamo con il gel sanificante?

I protocolli sanitari hanno la loro indiscutibile precedenza sulla nostra capacità morale di giudicare questa situazione e di essere rispettati in una scelta morale che può accettare il vaccino – la sua liceità morale è stata confermata dalla Congregazione per la Dottrina per la Fede – o rifiutarlo per una questione di coscienza, quando la persona non ne reputi necessaria la somministrazione. Quest’ultima opzione non deve ovviamente essere un pretesto per cadere nel libertarismo, ma una vera scelta etico-morale, soprattutto in relazione al crimine dell’aborto, al reale stato di necessità e all’efficacia del vaccino. Tra coloro che nella nostra Chiesa hanno ricevuto il vaccino e coloro che non l’hanno ricevuto non c’è alcun dialogo. Sembrano essere eterni nemici. Nessuna carità è riservata a questa faccenda, dividendoci più di quanto non abbiano fatto in passato le grandi eresie. Eppure il vaccino non è un dogma né una dottrina. Ciò che è rilevante in un giudizio morale è l’azione morale dell’uomo che sceglie il vaccino.

Dov’è la nostra visione soprannaturale? Dov’è Dio in tutto questo? Dov’è la nostra ricerca della Volontà di Dio sopra ogni altra cosa? Sembra che siamo così avanzati non solo tecnologicamente ma anche moralmente che Dio non ha alcun ruolo in questo momento. Di fatto facciamo tutto come se Lui non esistesse. La nostra fede è molto carnale e interessata.

Mio Dio, io credo, adoro… L’Angelo di Fatima ha insegnato questa preghiera anche in riparazione di questa tragica perdita di fede che si manifesta oggi con un’apostasia che si potrebbe definire liquida, senza contorni e senza confini. Dovremmo cominciare a credere con una fede pura, capace di vedere Dio al di là di questa pandemia, permessa da Lui per purificare la nostra vita. Possiamo dire che questa calamità attuale è soprattutto un castigo della nostra stessa intelligenza, troppo orgogliosa per vedere oltre se stessa e per lasciare spazio all’intervento di Dio? Dopotutto, molti pensano che siccome il virus è stato fabbricato in Cina e il vaccino è stato pianificato in anticipo con il virus, parlare della Provvidenza di Dio in questo contesto sarebbe sminuirne il valore. Ma tutto questo non conduce forse ad una visione deistica di Dio? Un altro modo per dimenticarlo e lasciarlo fuori da un mero gioco umano.

In questa confusione delle nostre menti, come una nuova Torre di Babele nella Chiesa, è necessario tornare a una fede pura e cominciare a credere. Abbiamo bisogno della fede della Madonna. Per la sua fede il Figlio di Dio è stato formato prima nella sua mente e poi nel suo grembo. Per la Sua fede Dio è uomo ed è con noi. Che il Suo Fiat sia pronunciato oggi per noi e in noi. Amen.